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“Azione a destra? Mai”, dice D’Amato. I guai di Calenda, il terzopolista

“Azione a destra? Mai”, dice D’Amato. I guai di Calenda, il terzopolista

Regionali e non solo

Dalla Calabria alla Toscana le mosse del leader di Azione destano il sospetto di una svolta a destra, ma la classe dirigente del partito è tutta a sinistra (e va per i fatti suoi)

"Azione quarta gamba di Meloni? No, noi non andremo mai a destra. Siamo nel campo riformista, nel centrosinistra, poi è chiaro che in questo momento, con l’egemonia dei 5 stelle, diventata tutto complicato...il modello dovrebbe essere quello che a Genova ha portato alla vittoria di Silvia Salis”. Alessio D’Amato, responsabile Salute di Azione, ex mitologico assessore alla Sanità del Lazio ai tempi della pandemia, un passato in tutta la lunga filiera Pci-Pd, ci invita alla calma. Dopo l’ennesima porta in faccia sbattuta da Calenda al campo largo – questa volta in Calabria, dove il leader di Azione ha smentito il sostegno a Tridico – c’è chi comincia a chiederselo: ma non è che nel 2027 alla fine Calenda andrà con Meloni? Ipotesi, fantapolitica, sia chiaro. E certo però che la collocazione di Azione a queste lunga tornata di elezioni regionali, che sono l’antipasto delle politiche del 2027, sta creando non pochi problemi. La linea del leader è chiara. Calenda la ripete in ogni intervista: vogliamo fare un terzo polo che, con un grande risultato elettorale, riesca a disarticolare il bipopulismo. Ambizione onorevole, ma che si scontra con la dura realtà della legge elettorale e delle rilevazioni dei sondaggisti.

Già nel 2022 Calenda rappresentò la variabile impazzita delle elezioni. Sancì insieme a Più Europa un accordo di coalizione per la corsa nei collegi con il Pd di Letta, salvo, pochi giorni dopo, rompere con i dem, colpevoli di avere inserito anche Avs nell’alleanza, e fare una lista unica con Renzi. All’epoca però il progetto del Terzo polo arrivò all’8 per cento, oggi invece Azione viaggia al 2,5. Letta inoltre aveva chiuso una coalizione che non aveva dentro neppure 5s e Renzi, insomma la colpa della vittoria di Meloni non poteva di certo essere attribuita alla mossa, seppur clamorosa, di Calenda. Oggi invece, con l’eccezione di Azione, forze grandi e piccole hanno trovato la loro collocazione in uno dei due poli. La legge elettorale, con i collegi uninominali a determinare il premio di maggioranza, è rimasta la stessa. E così anche dentro al partito i dubbi cominciano a circolare, con un effetto che si sta riverberando anche sulle regionali. In Toscana il segretario Marco Remaschi si è dimesso dopo l’intervento a gamba tesa di Calenda che ha tolto il sostegno del partito a Giani. “Io – dice al Foglio – continuo a supportare Giani. Avevo dubbi sull’intesa firmata con i 5s, ma da una parte bisogna schierarsi: noi siamo repubblicani e riformisti, che andiamo a fare con la destra? Inoltre c’è una classe dirigente che va fatta crescere. Un partito con ambizioni nazionali non può non essere nei territori”. In Calabria Calenda ha invece smentito i suoi dirigenti locali con un tweet: “Non ci saranno liste di Azione a sostegno di candidati dei 5S alle elezioni regionali. Allo stesso modo Azione non sosterrà candidati del Pd che si piegano ai programmi imposti dai 5s”. Non più dunque “mai con i 5 stelle” – e d’altronde in diverse elezioni Azione ha sostenuto candidati appoggiati anche dal Movimento –, ma “non con i 5 stelle candidati a cariche monocratiche o capaci di dettare i programmi”. L’ermeneutica calendiana, insomma, si complica.

In ogni caso proprio Tridico ha ricordato che erano stati proprio i dirigenti di Azione a pregarlo di candidarsi. E infatti loro continueranno a sostenerlo, ma dentro la lista riformista senza il simbolo di Azione. Nelle Marche invece gli azionisti sono divisi tra le civiche dei due candidati. Le elezioni regionali d’altronde sono sempre state un bel cruccio per Azione. Nell’autunno del 2024 la scelta del partito di appoggiare candidati supportati anche dal M5s, portò all’addio delle ex forziste Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e Giusy Versace. Anche Enrico Costa le aveva precedute di qualche giorno. Oggi ricorda: “Le regionali per Azione sono sempre state un problema. In questo momento, con le politiche che si avvicinano, la cosa si amplifica. Calenda lo sa e cerca di rafforzare la sua idea del Terzo polo che corre da solo. Ma stavolta senza Renzi, con percentuali molto basse e una legge elettorale fatta per i due poli, chi lo seguirà? I suoi dirigenti, quelli rimasti, provengono tutti da sinistra”.

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